Cronaca

Frode da 50 milioni nella logistica dell'ortofrutta: sequestrati beni per oltre 8 milioni

La Finanza ha provveduto a sequestrare conti correnti, titoli, beni mobili e immobili e quote societarie nei confronti dell'utilizzatore delle fatture false e gonfiate, per un totale di 8.280.142 euro

La Guardia di Finanza di Cesena ha eseguito su disposizione del giudice per le indagini preliminari Camillo Poilucci un sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente di beni per oltre 8 milioni e 280mila euro. Il provvedimento è stato deciso al termine di un’articolata indagine economico-finanziaria condotta dai sostituti procuratori Michela Guidi e Sara Posa poi, che hanno permesso di ipotizzare una frode fiscale da 52 milioni di euro nel settore della logistica. Dal 2009 al 2015 gli inquirenti hanno scoperto, riporta l'accusa, fatture false per oltre 23 milioni di euro, redditi non dichiarati e costi indeducibili per oltre 40 milioni di euro ed oltre 12 milioni di Iva evasa. L'inchiesta si è conclusa con sei denunce per utilizzo ed emissione di fatture per operazioni inesistenti: nei guai sono finiti un 47enne, un 60enne, un 33enne, un 28enne, un 26enne ed un 51enne, tutti residenti o domiciliati nella città malatestiana. La Finanza ha provveduto a sequestrare conti correnti, titoli, beni mobili e immobili e quote societarie nei confronti dell’impenditore risultato dalle indagini l'utilizzatore delle fatture false e gonfiate, per un totale di 8.280.142 euro.

L'INCHIESTA - Nel mirino delle Fiamme Gialle sono finite dieci società operanti nel settore del trasporto merci su strada. Le imprese, con sede legale a Cesena, Roma, Milano e nel sud Italia (Calabria e Sicilia), ma tutte operanti nell’area cesenate, gestivano il trasporto di frutta, verdura e relativi imballaggi, destinate alla grande distribuzione organizzata e ai supermercati di tutta Italia. "Il sistema di frode, che ha procurato un’evasione per oltre 52 milioni di euro, si fondava sul ricorso a fatture per operazioni inesistenti o fatture “gonfiate” emesse da sette soggetti economici (società e ditte individuali), tutti completamente o parzialmente sconosciuti al fisco, in favore di tre società leader nel settore, riconducibili ad un imprenditore di 47 anni", spiega la Finanza.

Le attività ispettive sono iniziate nel 2015 nei confronti di piccole imprese di autotrasporti, prevalentemente ditte individuali (i cosidetti. “padroncini”, quattro quelli coinvolti), che, oltre a non aver presentato le dichiarazioni dei redditi ed Iva, non avevano nemmeno conservato la documentazione contabile e i registri obbligatori. Pertanto, al fine di ricostruire l’effettivo volume d’affari delle stesse, si è proceduto alla consultazione delle banche dati che hanno consentito di individuare i committenti dei servizi di trasporto nei cui confronti sono stati avviati controlli fiscali e indagini finanziarie.

LA FRODE - In tale contesto sono emersi i primi dubbi in merito alla veridicità delle attività di trasporto documentate in ragione delle ridotte capacità operative dei “padroncini” (tenuto conto dell’esiguo numero di mezzi a loro disposizione, ai consumi di carburante rilevati ed agli autisti a disposizione - per lo più il solo imprenditore) specie se confrontate con il rilevante numero di viaggi documentati. Sulla base delle risultanze la Procura ha disposto ulteriori approfondimenti che hanno consentito, secondo la Procura, di smascherare un collaudato sistema di frode (che andava avanti dal 2009) che prevedeva che lo stesso viaggio venisse fatturato sia dai padroncini, attraverso false fatture mensili cumulative e generiche, che da altri operatori del settore che avevano effettivamente eseguito il servizio, ovviamente con la finalità di aumentare i costi e, conseguentemente, di ridurre le imposte dovute all’Erario.

Inoltre, sono state individuate fatture per operazioni inesistenti afferenti ai cosidetti “altri servizi” ossia per attività di facchinaggio, carico/scarico merce, vendita di pedane, pallettizzazione delle merci, che sarebbero stati fatturati dai “padroncini” nonostante l’assenza di uomini e mezzi idonei ad eseguire tali prestazioni, al fine di consentire alle tre società cesenati di far figurare costi inesistenti per diversi milioni di euro.
 


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