Cronaca

L'arte della forgiatura non fa la ruggine, ma passa da padre in figlio

Il cognome non mente, Carlo e Stefano Strada sono padre e figlio. Segni particolari: una rara coppia di maestri forgiatori. Loro con il ferro fanno tutto: ringhiere, opere d'arte certosine lavorate per mesi, ma anche gli stessi attrezzi per lavorare il ferro

Il cognome non mente, Carlo e Stefano Strada sono padre e figlio. Segni particolari: una rara coppia di maestri forgiatori. Loro con il ferro fanno tutto: ringhiere, opere d'arte certosine lavorate per mesi, ma anche gli stessi attrezzi per lavorare il ferro. Si perché come ha spiegato Stefano, ogni lavoro è sé stante quindi non esistono strumenti universali per lavorare il metallo e ogni volta sono da costruire con pazienza e precisione.

Punzoni, tenaglie ad hoc ad esempio le ricavano dalle molle degli ammortizzatori dei treni dopo un fine lavoro fatto ancora oggi, nel 2013, su fornaci a carbone. Nessuna tecnologia particolare, ma si lavora il ferro come una volta: riscaldandolo e battendolo nell'incudine proprio come ha imparato Carlo quando ha iniziato a tredici anni.

Stefano non solo porta avanti il lavoro del padre, che ha costruito la ditta Ferro Esse, ma rilancia e dà nuova vita al mestiere con l'istituto serale di ferro battuto che al debutto ha già raccolto nove iscritti suddivisi in due turni. E proprio all'ingresso della ferro Esse sono pronte le fornaci per gli allievi della scuola che vede Stefano in cattedra. I banchi invece sono indicati dalla presenza delle incudini. «Alla prima lezione – racconta Stefano - restano tutti spiazzati perché spiego come accendere e mantenere vivo il fuoco e tutte le temperature da raggiungere per iniziare a lavorare i metalli; insomma anche in un lavoro come il nostro si inizia dalla teoria». Sì, il ferro è da battere quando è caldo, ma non è così facile.

«Anche quando è alla temperatura giusta per modellarlo – aggiunge Carlo – rimane duro e bisogna agire in fretta per evitare di scaldarlo più volte e con precisione; troppi passaggi rischiano di mandarlo in briciole». Inoltre nei casi di lavori certosini è vietato sbagliare, altrimenti non c'è rimedio, è tutto da rifare. Sentendo parlare padre e figlio si capisce come il confine tra lavoro e arte sia molto fine e la riprova c'è nei casi di oggetti e opere frutto di scarti della lavorazione. «Perché buttarli via quando possono essere trasformati in qualcos'altro?» ha detto Stefano mostrando un piccolo gabbiano con le ali spiegate.


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