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Il linguaggio dell'Opera di Pechino arriva al Teatro Bonci con il "Faust"

Da giovedì 24 a domenica 27 novembre l’Opera di Pechino sarà a Cesena: nell’ambito della stagione prosa, è in programma al Teatro Bonci lo spettacolo FAUST, frutto della fortunata collaborazione avviata da Emilia Romagna Teatro Fondazione con la China National Peking Opera Company.
 
Partendo dalla suggestione di uno studioso cinese di letteratura germanica che nel 2010 ha affermato “Goethe sente, pensa e agisce come un poeta mandarino cinese”, la giovane tedesca Anna Peschke, allieva del celebre regista teatrale e compositore Heiner Goebbels, costruisce il suo secondo lavoro basato sullo studio del linguaggio dell’Opera di Pechino (dopo un Woyzeck, presentato a Pechino e a Francoforte). 
Questo inedito FAUST è composto in versi da una drammaturga cinese, Li Meini, e ha la partitura originale di un musicista cinese, Chen Xiaoman, che lavora su modalità melodiche tradizionali, e due italiani, il romagnolo Luigi Ceccarelli e Alessandro Cipriani, compositori di contemporanea e elettronica.
Con un gruppo di giovani, straordinari interpreti cinesi, nei preziosi costumi e vistosi trucchi tradizionali, accompagnati da un ensemble di strumentisti sia italiani che cinesi, la Peschke inventa un’estetica completamente nuova, capace di rapire letteralmente lo spettatore.
Lo spettacolo è in lingua cinese con sovratitoli in italiano.
 
L’Opera di Pechino, inclusa dall’UNESCO nella lista del “patrimonio culturale mondiale intangibile”, non solo combina canto e recitazione, come avviene nell’opera occidentale, ma comprende anche danza, arti acrobatiche e marziali: i suoi performer possono raccontare un’intera storia con i movimenti. Così li descrive Marcel Marceau nel 1955: “artisti giunti come da un altro pianeta sfidano le leggi di gravità: uomini o, meglio semidei, demoni, camaleonti”.
 
Le origini del Jīngjù (termine cinese che indica l’Opera di Pechino) risalgono alla dinastia Tang (618-907 d.C.) benché la “nascita del Jīngjù” venga collocata nel 1790, anno in cui numerose compagnie provenienti dalla Cina meridionale si radunarono a Pechino in occasione del compleanno dell’Imperatore. Queste compagnie continuarono a collaborare per i sei decenni successivi, portando così alla creazione di ciò che ora è conosciuto come Jīngjù.
 
“Il mio progetto – ha dichiarato ancora Anna Peschke – si confronta con Faust di Johann Wolfgang Goethe (1749-1832), di cui qui si indaga la prima parte. Pubblicato per la prima volta in Germania nel 1808, è considerato un capolavoro fondamentale della letteratura tedesca. Tradotto per la prima volta in cinese grazie al lavoro di Guo Moruo (1892-1978) solo nel Novecento è stato diffuso come testo di letteratura occidentale, studiato nelle università, e ha raggiunto il grande pubblico. Nel 2010, nel corso di un convegno, Zhang Yushu, studioso cinese specialista in studi germanici dichiarò: ‘Goethe sente, pensa e agisce come un poeta mandarino cinese’. Questa frase mi ha incoraggiato a creare un ponte tra la cultura tedesca e quella cinese, grazie alla tragedia di Faust.”
 


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